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Ponte, agosto 1985: racconto del ritrovamento delle due stele funerarie attualmente collocate nell'Abbazia Santa Anastasia.
Nel settembre del 1974, attraversando il fiume Calore a piedi, una decina di metri prima del luogo dove all’epoca era posizionata la diga di pietre del vecchio mulino, notai nell’alveo, al centro, una grande pietra immersa per la quasi totalità nell’acqua. Riuscii a notare alcune lettere incise e compresi che si trattava di una stele funeraria di epoca romana. Ne parlai ad alcuni amici e conoscenti per cercare di recuperarla, ma, purtroppo, la posizione della stele e le evidenti difficoltà tecniche lo impedirono.
Con l’arrivo della stagione autunnale, e poi delle piene, la stele non fu più visibile.
Qualche anno dopo, zio Costantino mi raccontò di aver individuato la stele qualche metro più a valle, vicino alla sponda sinistra del fiume, dove lui era solito far pascolare le pecore, e di averla recuperata con i mezzi a propria disposizione per poi consegnarla al Comune di Torrecuso.
Senza dubbio rimasi contento della notizia del recupero, ma non nascondo di aver provato anche un po’ di delusione perché ero convinto che la stele provenisse dall’antica via Latina e che si trattasse del monumento funebre di un abitante di una villa rustica romana situata nel luogo ove poi è sorta l’Abbazia di Santa Anastasia, sul lato destro del Calore.
Da ragazzo frequentavo spesso la zona e mi inoltravo nell’abbazia diroccata. Poi i racconti di zio Sabatino, il ritrovamento di antichi manufatti di cui il professor Capobianco ci parlava in classe, le scoperte in zona Piana, Abbazia e Borgo Taverna di materiali lapidei, che molto mi entusiasmavano, fecero nascere in me il desiderio di saperne di più, di studiare e scoprire la storia del nostro territorio.
Dopo il ritrovamento della stele funeraria, la convinzione che altri manufatti sarebbero potuti affiorare nell’alveo del fiume mi portava ogni anno, nella stagione estiva, ritornando a Ponte da Torino, a cercare tracce di reperti alla confluenza del torrente Alenta con il fiume Calore.
E fu così che, in un pomeriggio assolato dell’agosto 1985, le mie supposizioni furono suffragate dal ritrovamento di un’ulteriore stele funeraria: si poneva, però, il problema del recupero. Stavolta il manufatto doveva essere subito estratto per evitare che andasse perduto con la piena autunnale, ma l’indomani dovevo rientrare a Torino … mi risolsi allora a scrivere un resoconto del ritrovamento, presentandolo di persona alla locale stazione dei Carabinieri.
Che delusione! L’incapacità di comprendere l’importanza storica per Ponte di questo ritrovamento e, soprattutto, il disinteresse celato dietro a quell’affermazione di discolpa che loro non avrebbero potuto far nulla per il recupero mi lasciarono una profonda amarezza per le sorti della stele, memore delle tante antiche testimonianze già andate perse.
Ricordo ancora la tristezza di don Vittorino, che mi ripeteva di quando, sapendo di lavori nell’area, aveva più volte telefonato inutilmente ai Carabinieri perché preoccupato per le sorti dei ruderi del complesso benedettino e della Badia di San Benedetto – una delle più antiche e forse la prima eretta nella Diocesi di Cerreto al tempo di San Barbato (sec. VII) – che si trovavano nella zona detta “Sant Vennitt”, lungo la strada che da Ponte conduce a Fragneto Monforte.
Da poco era diventato consigliere comunale Giuseppe Corbo e in amicizia gli telefonai per chiedergli se poteva attivarsi per il recupero e gli inviai la mia segnalazione del ritrovamento per il deposito presso l' ufficio protocollo del Comune di Ponte: l’impegno di Giuseppe e il contributo di Nicola Meola, allora vigile urbano, permisero finalmente il recupero della stele funeraria.
Ritornato a Torino, ricevetti la telefonata del professor Carlo Franciosi, che era solito effettuare ricerche archeologiche nel territorio, e gli raccontai del ritrovamento della stele, della sua individuazione e localizzazione, mentre lui mi diceva degli esiti delle sue ricerche: suffragavano le mie convinzioni sui primi insediamenti nel territorio pontese.
Giorni dopo, il professor Franciosi si recò a Ponte e, a circa dieci metri dal luogo del primo ritrovamento, individuò una seconda stele funeraria, a corpo parallelepipedo. Questa era quasi completamente sepolta e ne sbucavano solo pochi centimetri dal terreno, ma lui comprese con un colpo d’occhio di cosa si trattava e personalmente la portò alla luce.
Entrambe le stele, datate dal professor Franciosi al II sec. d. C., monumenti imperituri e testimonianza della presenza umana nel territorio di Ponte in epoca romana, sono ora conservate nell’Abbazia di Sant’Anastasia, non lontano dal luogo del loro ritrovamento.
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