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Gli ingredienti base della gastronomia del Sannio sono quelli di cui per secoli ha disposto una povera comunità di contadini e di pastori: ortaggi freschissimi, carni di agnello e capretto, farina di grano duro. L’inventiva nella scelta degli elementi, la qualità delle materie prime, le cure attente nella preparazione trasformano però questi piatti in piccoli capolavori. La zuppa di cardone, ad esempio, è uno straordinario piatto unico, in cui si mescolano sapientemente brodo di cappone, polpette, formaggio, uova e gambi di carciofo, i cardoni, appunto, che qui nel sannio sono proprio speciali. Altrettanto saporiti e nutrienti sono i vari tipi di pasta fatta a mano. Ogni massaia custodisce il segreto per preparare i fusilli, i cicatielli, le tagliarelle e lagana, specialmente usata insieme ai ceci, succulentemente conditi con la salsa rossa di pomodoro e formaggio, preferibilmente pecorino, ma ovunque, nei ristoranti, è possibile gustarli preparati a regola d’arte, conditi con sugo di legumi o di carne. Le carni vengono cucinate per lo più come usano i pastori, su fuochi di legna aromatica che dà un sapore particolare anche ai tagli più poveri. Piatto tipico sono gli ammugliatielli, sorta di involtino confezionato con le tenere budella di agnelli, rosolate al fuoco di legna dei boschi e cosparsi di aromatico aceto. Celebri sono gli insaccati, le sopressate, i prosciutti di Pietraroja, ancora oggi fabbricati seguendo ricette antichissime. Tali saporose specialità richiedono buoni, robusti vini ed a tanto il Sannio generosamente provvede. Tra i vini spiccano il Solopaca, l’Aglianico e il Taurasi tra i rossi, il Falanghina tra i bianchi. Per i dolci, impera su tutti il torrone, legato intimamente alla tradizione sannita, che è piacevole gustare sorseggiando il Moscato di Baselice. Le streghe di Benevento accompagnano chi si alza da tavola con un’ultima benigna magia: il liquore digestivo Strega che porta il loro nome ed è ormai noto in tutto il mondo.
La provincia di Benevento vanta una storia vitivinicola millenaria. Come riferisce Attilio Scienza (docente dell'Università di Milano), citazioni del vino sannita si trovano negli scritti di Platone Comico (V sec a.C.) e di Plinio: nella Naturalis Historia sono infatti citati i vini “Kapnios” e “Trebula Balliensis” prodotti nella zona. A partire dal 79 d.C., con l'importazione a Roma del primo vino gallico, il mercato cambiò orientamento e la viticoltura campana andò in crisi da cui si riprese solo con l'arrivo dei Longobardi intorno al 500 d.C.. Il vero nuovo decollo però si ebbe solo intorno all'anno 1000 grazie ai vigneti dei monaci. Landulfo, vescovo di Benevento, arrivò a decretare l'obbligo di piantare una vigna presso ogni convento.
Dodicimila ettari vitati per una produzione di seicentomila ettolitri. Numeri cha hanno permesso alla città di Benevento di ottenere il trofeo Città Europea del Vino 2019.
Nelle sue contrade si trovano ben otto diverse aree dedicate al vino, a testimonianza di una nobiltà ed un fascino antichi.
Aglianico del Taburno, Falanghina, Solopaca, Coda di Volpe, Piedirosso, Barbera del Sannio, Malvasia sono i vitigni più celebri ed apprezzati nelle zone del Taburno, del Solopaca, dei Colli del Sannio, del Fortore, del pre-Fortore, del Mescano, della valle Caudina e del Tammaro.
Ciascuna di queste aree con un sapore diverso, un fascino antico, un profumo di qualità.
Durante l’anno è un susseguirsi di feste dell’uva e sagre del vino.
Solopaca
La festa dell’uva che a Solopaca si celebra la seconda domenica di settembre è caratterizzata dalla sfilata di carri allegorici ricoperti da chicchi d’uva. Carri che riproducono edifici, persone, accadimenti storici o attrezzi che in questo modo paiono interamente fatti di uva, con un effetto assai suggestivo e che richiamano ogni anno un gran numero di visitatori.
Sant’Agata dei Goti
Nel mese di maggio si tiene la manifestazione "Cantine Aperte", quando si possono visitare i produttori dei quattro vini che hanno ottenuto il riconoscimento DOC.
In agosto e in settembre "Sant’Agata città aperta" prevede una serie di manifestazioni culturali folcloristiche ed enogastronomiche.
L’ ultima settimana di settembre si tiene una Mostra mercato dei vini.
Torrecuso
Nella settimana che precede la prima domenica di settembre si tiene "Vinestate", con manifestazioni culturali e folcloristiche, una sagra del vino e diverse mostre artigianali.
La Doc Falanghina del Sannio è presente nell’intero territorio della provincia di Benevento, dove si distinguono quattro sottozone tipiche: Sant’Agata dei Goti, Taburno, Guardia Sanframondi e Solopaca.
La Falanghina è una varietà di uva coltivata già ai tempi dei Romani. Il nome deriva forse da “falanga”, il palo utilizzato per mantenere i tralci.
La coltivazione della vite nella provincia di Benevento ha origini antiche, risalenti al II secolo a.C. Le prime notizie compaiono nei trattati di agricoltura a metà ‘800. Da questo studio si evince che la provincia di Benevento produceva vini che soddisfacevano le diverse richieste del mercato. Il vitigno, pur diffuso sul territorio da epoca antica, ha trovato la piena valorizzazione solo negli ultimi decenni del ‘900. La sua riscoperta e successiva diffusione in provincia di Benevento, inizia negli anni settanta nella zona di Sant’Agata dei Goti.
E' un vino di successo perché riesce ad esprimersi in maniera pregevole, anche attraverso la versione spumante e la versione passito dolce.
La Falanghina si adatta a diversi tipi di terreni, anche fertili, ma la qualità viene esaltata nelle zone collinari e predilige climi caldi e asciutti. Si avvantaggia notevolmente delle forme di allevamento a portamento verticale, in particolare del Guyot.
Il profilo sensoriale del vino da uve Falanghina, presenta un colore giallo paglierino con riflessi dorati. Il profumo è fine molto intenso e persistente, dominato da note fruttate, di mela e frutti esotici, note floreali di ginestra, biancospino. Al gusto è un vino piacevole e fresco di acidità, che si accompagna a pietanze a base di pasta o riso in salsa bianca o con pesce, minestre di verdure, carni bianche, formaggi a pasta filata freschi e non molto stagionati, la versione spumante su risotti e da tutto pasto, la tipologia passito, su dolci a pasta lievitata con crema gialla e sulle crostate di frutta gialla.
L’aglianico è il vitigno a bacca rossa più coltivato nel Sannio. Da secoli è presente sui rilievi collinari alle pendici del Monte Taburno, dove ha trovato clima e terreni adatti per esprimersi su alti livelli qualitativi. Il biotipo storicamente più diffuso è l’aglianico amaro, e anche questa diversità clonale contribuisce a donare una personalità e un carattere diversi rispetto dall’aglianico di Taurasi o del Vùlture. È un vino dal profilo piuttosto austero, secco e profondo, con trama tannica importante, acidità viva e buona complessità aromatica. Un vino strutturato, che necessita di un buon periodo d’affinamento per raggiungere la piena maturità e la giusta armonia espressiva.
La coltivazione secolare del vitigno ha selezionato l’Aglianico biotipo Amaro, da cui si ottengono alcuni dei vini sanniti più affermati e prestigiosi, primo fra tutti l’Aglianico del Taburno D.O.C.G. nelle tipologie rosso, rosato (l’unico rosato a D.O.C.G. italiano) e riserva, prodotto in 13 comuni sanniti.
Ma oltre all’areale del Taburno, l'Aglianico rappresenta il vitigno principe di alcune produzioni enologiche di notevole pregio, come il Sannio D.O.C. e nelle sottozone Sant'Agata dei Goti, Solopaca e Guardiolo.
Il profilo sensoriale del vino da uve Aglianico, presenta un colore rosso rubino intenso e vivace, che tende al granato con l’invecchiamento. Il profumo è fine, complesso con note fruttate di mora, prugna, note floreali di violetta, note speziate di liquirizia, chiodi di garofano e pepe nero. Al gusto è secco, tannico e di buona struttura e persistenza. È un vino importante, che si accompagna a pietanze strutturate, a carni rosse e formaggi stagionati non piccanti, ma è anche un ottimo vino da meditazione.
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